Il volto nell’investigazione e nel processo

di Paola Raffaella Canziani
Avvocato

La prima impressione è quella che conta : un luogo comune con qualche nota realistica , considerato che , in una società votata al culto dell’immagine, magari rivisitata  dal Photoshop, un bel viso é ritenuto generalmente in grado di attrarre benevolenza e consenso .

E’ proprio il volto a fornirci le prime informazioni che ci consentono di trarre qualche conclusione , più o meno affrettata e più o meno attendibile , su chi incontriamo . Se  le nostre fattezze determinano il nostro futuro e le nostre relazioni sociali ,  significa che resteremo per sempre  intrappolati dal patrimonio  genetico e dal giudizio che induce in chi ci guarda  ?

“Per fortuna non sempre è così. Sebbene in una certa misura siamo condizionati dal volto degli altri quando dobbiamo formulare un giudizio di personalità, poiché i processi cognitivi coinvolti nell’analisi del volto sono automatici e subconsci, è pur vero che le informazioni derivanti dal volto assumono un peso maggiore solo quando l’osservatore non possiede sufficienti informazioni riguardanti la persona su cui sta formulando un giudizio, oppure quando pur possedendole, queste ultime risultano ambigue. Non sempre, dunque, il volto ci condanna . “ ( Gulotta G.,Tuosto E.M., Il volto  nell’investigazione e nel processo, Giuffré Editore, 2017 )

Il passaggio dall’incontro reale a quello virtuale semplifica e allo stesso tempo  complica le dinamiche relazionali .

Nel mondo virtuale , s’incontrano ‘immagini di volti’  ai quali attribuiamo pregi e difetti, utilizzando criteri di giudizio che ci consentano d’individuare le caratteristiche di una determinata persona,  cercando di rispondere a tre ‘modelli facciali’ : si tratta di qualcuno avvicinabile/accessibile , potenzialmente d’aiuto / di ostacolo, oppure un possibile partner sentimentale ?

“ Al cervello umano bastano pochi elementi distribuiti in un determinato modo per riconoscere una faccia con specifiche espressioni o stati d’animo : occhi-naso-bocca e in modo automatico si crea un volto . Si tratta di un meccanismo illusorio, la pareidolia, che permette al cervello di ricondurre forme non definite, a immagini note . In passato la pareidolia era associata alla psicosi, mentre negli ultimi anni è oggetto di numerosi studi scientifici che le attribuiscono il ruolo di normalità percettiva più o meno diffusa tra gli individui. “

Proprio utilizzando il processo di pareidolia riusciamo a riconoscere  un viso nell’emoticon ( emotion + icon ) individuando anche l’emozione che ci vuole trasmettere .

Se nella vita sociale e in quella digitale il ruolo dell’immagine è dominante, grande rilievo è attribuito al volto nelle indagini investigative .

“Dopo Lombroso, la faccia disegnata o fotografata occuperà un ruolo fondamentale sia nella creazione di un inventario giudiziario che nell’agevolazione delle indagini di polizia volte all’individuazione dell’autore di reato e all’identificazione dei terroristi .”

Il riconoscimento facciale attraverso BOSS – Biometric Optical Surveillance System  – consente d’identificare presunti terroristi anche in mezzo ad una folla , elaborando tramite software gli  scatti fotografici da diverse angolazioni  e verificandone la presenza all’interno di una database .

E che dire dell’affidabilità del volto e il suo impatto sulle decisioni giudiziarie ?

Secondo la  Dangerous Decision Theory, elaborata da Porter e Brinke nel 2009, le valutazioni intuitive di affidabilità possono fortemente influenzare l’interpretazione delle informazioni ricevute . “Sebbene i giudici e i membri della giuria , indubbiamente, si sforzino di mantenere l’obiettività, non sono immuni dai normali ed umani pregiudizi e non possono essere a conoscenza del peso e dell’influenza che essi esercitano sulle loro decisioni ( Kaufmann, 2003 ) .”

Chi mente si sforza di più rispetto a chi dice la verità perché deve dispiegare maggiori risorse cognitive, controllando il proprio comportamento non solo verbale . Più sono gravi i fatti oggetto della menzogna più sarà difficile mascherarla . Va però detto che l’aumento del controllo sul proprio modo di raccontare non caratterizza solo i bugiardi ma anche gli insicuri , causando così il classico ‘errore di Otello’ , che , infatti, interpreta la paura e il dolore di Desdemona per la morte di Cassio, suo presunto amante, come conferma dell’esistenza della relazione . In realtà Desdemona, del tutto innocente, manifestava una serie di emozioni  lette da Otello alla luce dei preconcetti che Jago gli aveva instillato , cercando una conferma di quanto pensa invece che la verità .

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